Le vacanze estive in alta stagione registrano un forte calo di prenotazioni: il clima estremo e il turismo di massa stanno spostando i viaggi verso primavera e autunno.
Luglio e agosto, da sempre sinonimo di ferie, ombrelloni e partenze, non sono più i mesi preferiti per viaggiare. Le prenotazioni stanno subendo un calo significativo, e nei prossimi anni la tendenza potrebbe consolidarsi. A confermarlo è un’indagine diffusa dalla BBC, che rivela dati sorprendenti: la Grecia ha registrato nella primavera 2025 un +20% di turisti rispetto allo stesso periodo del 2024, mentre molte destinazioni estive segnano il livello più basso di visitatori dal 2019. Un fenomeno simile si osserva anche in Spagna, dove le presenze di febbraio hanno superato di oltre il 20% quelle pre-pandemiche.

Il dato più allarmante? Sempre più viaggiatori scelgono la primavera e l’autunno per evitare le condizioni sempre più estreme dell’estate mediterranea. La causa non è solo una: clima e overtourism sono i due fattori principali dietro a un cambiamento che appare ormai strutturale.
Caldo estremo e mete inaccessibili frenano il turismo estivo
Gli effetti della crisi climatica sono già visibili, e le vacanze ne pagano il prezzo. Con temperature che in giugno superano già i 40 gradi, molte persone rinunciano a partire nei mesi centrali dell’estate. Il motivo è evidente: il calore eccessivo, unito a fenomeni meteo estremi sempre più frequenti, rende faticoso e pericoloso viaggiare. I dati sulle prenotazioni nei Paesi del Mediterraneo lo confermano: -8% per il periodo luglio-agosto 2025.

Il caldo, però, non è l’unico ostacolo. Spostarsi nelle settimane centrali dell’estate è diventato complicato per ragioni logistiche e sanitarie. Le città turistiche faticano a gestire i picchi di affluenza, e le spiagge più popolari risultano quasi impraticabili. Tutto questo ha un impatto diretto sulle scelte dei viaggiatori, che ora preferiscono anticipare le ferie.
Le strutture turistiche iniziano ad adeguarsi, e molti operatori stanno spostando offerte e pacchetti verso aprile, maggio o settembre, periodi un tempo meno richiesti ma oggi sempre più ambiti.
Sovraffollamento e proteste: il turismo cambia faccia
L’altra grande variabile che pesa sulla crisi delle vacanze estive è l’overtourism. Il sovraffollamento ha raggiunto livelli che rendono impossibile godersi le città d’arte o le spiagge più famose. Camminare nei centri storici, trovare posto nei ristoranti o accedere alle zone naturalistiche è diventato un problema reale. In risposta, molte località turistiche hanno deciso di limitare gli ingressi, introdurre ticket per l’accesso a parchi e spiagge, o tasse di soggiorno più elevate per i mesi più caldi.
In diverse regioni si moltiplicano anche le proteste dei residenti, stanchi di convivere con flussi incontrollati di visitatori. Il risultato è un ambiente sempre meno ospitale, in cui anche chi parte per rilassarsi si trova a dover fare i conti con code, regole restrittive e un clima sociale teso.
Se fino a pochi anni fa il picco di luglio e agosto era considerato fisiologico, oggi questo paradigma vacilla. La prospettiva è quella di una redistribuzione stagionale dei flussi, con impatti anche sul mondo del lavoro. Alcune aziende potrebbero presto modificare i propri calendari interni, spostando le chiusure aziendali da agosto a mesi più freschi e meno affollati, come maggio o settembre. Uno scenario che, fino a poco tempo fa, sembrava impensabile. Oggi è una possibilità concreta.