I giovani non vogliono lavorare | Accusa pesantissima

Si parla ancora di giovani e ancora una volta si parla di giovani chi non avrebbero nessuna voglia di lavorare. Ma questa volta a lanciare l’accusa non sono né albergatori né ristoratoti. 

Ormai lo sappiamo, già da prima si respirava nell’aria sempre la retorica secondo cui i giovani non abbiano per nulla voglia di lavorare, ma da quando il reddito di cittadinanza è diventato realtà, l’accusa si è acuita a dismisura. Tutti i mali del mondo, infatti, sono da ricondurre ai giovani che preferiscono un sussidio statale invece di faticare.

Giovani (Pixabay)

Da quella prima polemica, in una sorta di implacabile tornado, ne sono state generate poi col tempo davvero tantissime altre, così sempre più ristoratori, imprenditori e albergatori hanno iniziato a incolpare reddito e giovani, un connubio perfetto dal profitto irrisorio. Eppure, sulle politiche del mondo del lavoro riservate ai ragazzi che hanno dai 20 a 35 anni, ci sarebbe davvero tantissimo da scrivere.

Citiamo come esempio gli stage full time a 500/600 euro al mese che non permettono nemmeno di poter abbandonare la casa dei genitori per iniziare a costruirsi un proprio futuro indipendente. Insomma, c’è un certo disincanto giovanile in merito al mondo del lavoro, disincanto che si alimenta con le testimonianze di chi continua a cavalcare l’onda dei giovani fannulloni sul divano.

Stipendio da 1400 euro al mese ma nessuno si presente: la testimonianza di Stefano Cipelletti

Stefano Cipelletti è un rappresentante della storica azienda di termoidraulica, la Centroclima Jesolo, in Veneto. Qualche giorno fa intervistato da ‘Il Gazzettino’, l’uomo ha fatto presente un’enorme difficoltà che l’azienda starebbe attraversando da un bel po’ di tempo. “Cerco idraulici a 1.400 euro al mese, ma non trovo nessuno da quattro anni”, ha lamentato Stefano.

Insomma, l’offerta ci sarebbe, le richieste anche di pronto intervento pure, eppure nel mare magnum degli annunci, manca proprio la domanda, ovvero persone che cercano lavoro. Ma come è possibile? Lo spiega lo stesso Cipelletti.

“Il personale specializzato ormai è sempre più raro, ma l’impressione è che manchi anche la volontà di mettersi in gioco e la voglia di cercare un lavoro, soprattutto tra i più giovani”, ha spiegato l’uomo, motivando pure la sua accusa ben precisa “Parlo per esperienza diretta. Qualcuno è venuto a lavorare con noi, ma poi ha lasciato il lavoro dicendo di preferire la stagione a un lavoro annuale, di cercarsi qualche occupazione in nero o che lo stipendio proposto era basso”.

Ora, per giungere alla conclusione che sia meglio addirittura il lavoro nero senza garanzie di alcun tipo, c’è da chiedersi quali siano le effettive mansioni richieste, ma soprattutto a quanto ammonti la retribuzione. “Gli stipendi sono quelli previsti dal contratto nazionale, ovvero 900 euro al mese per un apprendista con zero esperienza, da formare, e 1.400 per un tecnico con esperienza”, spiega Cipelletti, appellandosi proprio al contratto nazionale del lavoro.

Tanto da aggiungere poi: “Sono cifre basse? Possiamo discuterne, ma sono i contratti nazionali. Se arriva da noi un tecnico specializzato, con esperienza, abilitazioni, voglia di fare e che riesce a lavorare autonomamente, ovviamente quella cifra aumenta”. Eppure, proprio in questi mesi il dibattitto attorno al salario minimo e all’inadeguatezza della contrattazione nazionale si è fatto incandescente.

L’Italia, infatti, è uno dei pochi paesi in Europa a non prevedere il salario minimo, ma non solo. Da quasi 30 anni gli stipendi sono sempre gli stessi a fronte di un’inflazione e di una crescita del carovita a tratti anche imbarazzante. Tuttavia, il rappresentante non spiega se la retribuzione sia da considerarsi lorda o netta e soprattutto per quanto ore di lavoro sia settimanali che giornaliere e se sono previsti sistematicamente straordinari. Insomma, mancano dei tasselli importanti al puzzle.

Ma di risposte all’annuncio continuano a non arrivarne. “L’ultimo annuncio è stato visualizzato da più di 1.100 persone, le condivisioni sono state centinaia, ma le telefonate ricevute zero”, ha raccontato Cipelletti. “Abbiamo provato a contattare dei diplomati alle scuole professionali, molti non hanno nemmeno risposto al telefono e alle mail. In un caso una persona ha perfino rifiutato il lavoro perché diceva che secondo sua mamma i soldi proposti erano pochi”.

Articolo di Karola Sicali

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