Aumento delle patologie invalidanti per chi lavora seduto al computer: ecco quali sono e le tutele previste dalla legge.
Negli ultimi anni, il lavoro al computer è diventato sempre più diffuso, ma parallelamente si è assistito a un aumento significativo delle patologie invalidanti per chi lavora al computer, comunemente definite disturbi hi-tech. Questi disturbi riguardano principalmente la vista, la postura, le articolazioni e anche la sfera psicologica, con conseguenze rilevanti sul benessere e sulla produttività dei lavoratori. Il legislatore italiano ha definito una figura professionale specifica, il videoterminalista (VDT), ovvero il lavoratore che utilizza dispositivi con schermo per almeno 20 ore settimanali, riconoscendo l’importanza di tutelarne la salute attraverso normative mirate.

Patologie e disturbi più frequenti per i videoterminalisti
Tra i problemi più comuni riscontrati dagli addetti ai videoterminali ci sono disturbi alla vista e agli occhi, disagi posturali e affaticamento sia fisico che mentale. I sintomi più ricorrenti includono mal di testa, rigidità al collo, bruciore agli occhi, lacrimazione, oltre a dolori localizzati a spalle, braccia e mani. L’aumento di questi disturbi è legato sia alla crescente diffusione del lavoro al videoterminale, sia all’intensificazione dei ritmi lavorativi.
In particolare, per quanto riguarda la salute visiva, i videoterminalisti possono sperimentare bruciore, secchezza oculare, fastidio alla luce, sensazione di pesantezza, visione annebbiata e stanchezza durante la lettura. Questi sintomi derivano da un affaticamento precoce degli organi della vista, causato da molteplici fattori, quali:
- Errate condizioni di illuminazione, ad esempio scarsa luce nelle aree vicine allo schermo che costringe gli occhi a un continuo adattamento;
- Posizionamento inadeguato del videoterminale rispetto alle fonti luminose, con conseguenti abbagliamenti, riflessi e contrasti eccessivi;
- Condizioni ambientali sfavorevoli, come aria troppo secca, correnti d’aria fastidiose o temperature non adeguate;
- Impostazioni errate dello schermo, incluse regolazioni di contrasto e luminosità non ottimali;
- Postazioni di lavoro non ergonomiche, che obbligano a posizioni statiche e sollecitazioni visive ravvicinate e prolungate;
- Difetti visivi non corretti, che aumentano lo sforzo visivo.

La normativa italiana di riferimento per la tutela dei videoterminalisti è contenuta nel Titolo VII del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, che impone al datore di lavoro di effettuare una valutazione del rischio specifica e di garantire condizioni ergonomiche adeguate alla postazione. Tra i principali obblighi vi sono:
- Fornire pause di almeno 15 minuti ogni 2 ore di lavoro continuativo al videoterminale, per consentire un cambio di mansione o un’interruzione dell’attività visiva intensa;
- Mettere a disposizione dispositivi speciali di correzione visiva (ad esempio occhiali per VDT) quando il medico competente lo ritenga necessario;
- Garantire che tastiera, schermo, sedia e piano di lavoro rispettino i requisiti minimi indicati nell’Allegato XXXIV del decreto;
- Organizzare visite mediche periodiche per monitorare lo stato di salute della vista e dell’apparato muscolo-scheletrico dei lavoratori.
La sorveglianza sanitaria è uno strumento fondamentale per la prevenzione e la diagnosi precoce dei disturbi correlati all’uso prolungato del videoterminale. Le visite mediche, svolte da uno specialista in medicina del lavoro, comprendono controlli specifici della vista e della postura, con periodicità che varia in base all’età e alle condizioni di salute del lavoratore.
Tutele previdenziali e riconoscimento delle patologie
Quando i disturbi divengono cronici, come nel caso della sindrome del tunnel carpale o delle tendiniti, è possibile accedere alle tutele assicurative offerte dall’INAIL, a condizione che sia dimostrato il nesso causale con l’attività lavorativa. Sul piano civile, patologie quali lombalgie, cervicalgie, neuropatie e disturbi psicologici legati al lavoro d’ufficio possono riconoscere un diritto a un riconoscimento di invalidità, previa documentazione clinica conforme al D.M. 5 febbraio 1992.
Dal punto di vista previdenziale, una compromissione significativa della capacità lavorativa (inferiore a un terzo) può giustificare la richiesta di un Assegno ordinario di invalidità (AOI), previa valutazione medico-legale effettuata dall’INPS secondo la legge 222/1984.