Il fondatore di Meta Mark Zuckerberg, ha offerto ad un suo ex dipendente oltre 1 miliardo per tornare, ma lui ha rifiutato.
Un’offerta da capogiro che avrebbe sedotto chiunque: un miliardo di dollari per convincere un ex dipendente di Meta a tornare a lavorare per il colosso guidato da Mark Zuckerberg.

Eppure, questa volta la risposta è stata un netto rifiuto, che fa riflettere sul valore che professionisti di altissimo livello attribuiscono al proprio lavoro e alla propria visione del futuro tecnologico.
L’offerta miliardaria rifiutata da un talento dell’intelligenza artificiale
Andrew Tulloch, ingegnere australiano di spicco nel settore dell’intelligenza artificiale, ha detto no a Meta, nonostante una proposta economica che pochi avrebbero potuto declinare. Dopo un’esperienza lunga undici anni in Meta, dal 2012 al 2023, e un passaggio in OpenAI, Tulloch ha deciso di fondare con Mira Murati, altro nome di rilievo nell’ambito dell’IA, la startup Thinking Machines Lab. Questa società si distingue per il suo modello di benefit corporation, che coniuga la ricerca del profitto a finalità sociali, puntando a rendere l’intelligenza artificiale accessibile e utile a un pubblico ampio, non solo agli addetti ai lavori.
L’offerta da parte di Zuckerberg mirava a riportare Tulloch a Meta per contribuire allo sviluppo della divisione Superintelligence Labs, dedicata all’IA generativa. Tuttavia, il rifiuto di Tulloch indica una scelta che va oltre il mero guadagno economico, suggerendo una diversa concezione etica e professionale dello sviluppo tecnologico. La startup co-fondata da Tulloch e Murati si concentra su obiettivi ambiziosi e innovativi: facilitare la comprensione e l’uso responsabile dell’intelligenza artificiale da parte del pubblico generale. Questo implica educare sulle potenzialità, i limiti e i rischi dell’IA, così da promuovere un utilizzo consapevole e vantaggioso nella vita quotidiana. Non è quindi solo una questione di sviluppo tecnologico, ma di responsabilità sociale e culturale.
Mira Murati, oggi CEO di Thinking Machines e spesso definita dalla stampa come la “mamma di ChatGPT” per il suo ruolo chiave in OpenAI, avrebbe rifiutato a sua volta un’offerta addirittura superiore, stimata intorno a 1,5 miliardi di dollari. Sotto la sua guida, la startup ha raccolto investimenti per oltre 2 miliardi di dollari e ha attratto una ventina di ex dipendenti Meta, consolidando così una squadra di altissimo livello in grado di competere sul mercato globale dell’IA.

Le indiscrezioni sulla campagna di reclutamento di Meta sono ormai largamente confermate, anche se l’azienda ha minimizzato l’entità delle offerte economiche. Si parla comunque di contratti pluriennali da 1 a 1,5 miliardi di dollari, bonus inclusi, cifre che rispecchiano l’importanza strategica attribuita a questi talenti. Tuttavia, la decisione di Tulloch e Murati di non tornare in Meta potrebbe derivare da una divergenza sostanziale nelle filosofie di sviluppo dell’intelligenza artificiale. Thinking Machines Lab punta a creare sistemi di IA più trasparenti, personalizzabili e comprensibili, concepiti per un impatto sociale positivo e duraturo.
Al contrario, Meta continua a orientarsi verso applicazioni dell’IA integrate prevalentemente in strategie di marketing e pubblicità, ambiti certamente redditizi ma con una visione più tradizionale e orientata ai risultati commerciali a breve termine. La startup ha già raggiunto una valutazione di 18,5 miliardi di dollari, segno che il mercato riconosce il valore della loro proposta innovativa e la sostenibilità del loro modello. Questo scenario mette in luce un confronto non solo economico, ma soprattutto culturale e etico tra due approcci alla tecnologia che potrebbero segnare la direzione futura del settore.