Continuano a sorgere problemi legati alla pandemia di Coronavirus: ora i medici chiedono che l’accesso alle terapie intensive non sia deciso solo in base all’età del paziente ma valutando anche altri parametri.
Il più grande problema legato alla pandemia da Coronavirus ormai sappiamo che non è la mortalità.
Il tasso di mortalità infatti fortunatamente va lentamente riducendosi grazie alla miglior preparazione degli operatori sanitari, prima all’oscuro dei meccanismi di evoluzione della nuova malattia.
A rimanere il problema cruciale è la capacità del sistema sanitario nazionale di curare un grande numero di pazienti gravi che necessitano anche di cure intensive contemporaneamente.
E’ questo il tassello che sbaraglia tutti gli altri, non la gravità media della malattia.
Sappiamo fortunatamente che il Covid-19 può essere una malattia relativamente blanda se contratta dalla maggior parte dei giovani.
E’ più ostica per la popolazione di mezza età e anziana e soprattutto per le persone con patologie pregresse, come diabete, obesità, asma o cardiopatie.
Quando questo secondo gruppo di persone si infetta e sviluppa sintomi gravi come l’insufficienza respiratoria ha bisogno di cure nelle terapie intensive, che sono però limitate numericamente.
Ecco, se mettiamo insieme l’elevatissima contagiosità del Sars-Cov-2 e il ridotto numero di terapie intensive il risultato è uno soltanto: la saturazione dei posti disponibili in ospedale. Ed è questo il vero dramma che dobbiamo scongiurare.
Uno stress eccessivo, o addirittura la saturazione, dei presidi ospedalieri impedirebbe ai pazienti che hanno patologie diverse dal Covid-19 di curarsi. Probabilmente anche alcuni pazienti Covid non troverebbero posto per le cure.
Per ‘salvare il salvabile’ abbiamo visto che da qualche settimana in Svizzera è stato introdotto un criterio di selezione per i pazienti che possono accedere alle terapie intensive nel caso di scarsità di posti. Il sistema si basa sull’età e sulla pregressa condizione generale del paziente e così si seleziona chi avrà salva la vita e chi no.
Durante questa seconda ondata potrebbe succedere lo stesso anche in Italia. Ma la Federazione degli Ordini dei Medici e della Società di Anestesia, Rianimazione, Terapia intensiva non sono d’accordo e chiedono che si valutino altri criteri.
Secondo loro l’età non può essere il solo parametro per l’assegnazione dei posti nelle terapie intensive.
Nel documento in cui illustrano le loro rimostranze si legge che “l’accesso ai trattamenti intensivi dovrebbe andare a chi può ottenere grazie al trattamento intensivo un miglioramento concreto e duraturo”.
I criteri di valutazione da loro proposti sono la gravità del quadro clinico, le comorbilità, lo stato di salute pregresso allo sviluppo del Covid-19, l’età biologica e l’impatto che le cure potrebbero avere sul malato.
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